Cosa intendiamo per ansia e panico?
Ansia e panico sono fenomeni emotivi che non sono semplicemente diversi per la loro forza ma sono fenomeni qualitativamente distinti nella loro sostanza.
L’ansia è un evento anticipatorio che ci permette di fiutare il pericolo e per questo può essere considerata un meccanismo di sopravvivenza che serve ad avere una risposta maggiormente performante nei momenti critici, durante i quali ci viene richiesta più concentrazione.
Chi di noi non ha mai provato una sensazione di ansia appena prima di un esame?
L’ansia è dunque funzionale a patto che non si trasformi in angoscia.
Quest’ultima, come bene spiega la sua etimologia, è una sensazione di soffocamento emotivo, ovvero una forma di ansia eccessiva e opprimente che invece di attivarti ti arresta.
Il panico è invece l’espressione di una ipersensibilità del nostro sistema di allarme che scatta in condizioni di pericolo non reale, potremmo dunque banalmente definirlo un sistema di allarme difettoso. Il termine deriva dal Dio Pan, una divinità della mitologia greca, metà uomo e metà capra. Si narra che Pan spaventasse con urla terrificanti chiunque lo disturbasse durante il sonno. Da qui derivano le espressioni “terrore panico” e “andare in panico”.
Cosa provoca un disturbo d’ansia o un attacco di panico?
È dimostrato che attacchi d’ansia e attacchi di panico siano ormai problematiche che colpiscono sempre più persone sul nostro territorio. Generalmente si manifestano sotto forma di sintomi fisici che possono indurre a sviluppare il timore di patologie organiche, contribuendo così all’aumento di preoccupazioni in un ciclo continuo che inevitabilmente induce allo sviluppo di ulteriori manifestazioni ansiose.
- Respiro affannoso
- Sudorazione eccessiva
- Palpitazioni e tachicardia
- Senso di costrizione al petto
- Tensione muscolare
- Mal di stomaco
- Tremore
- Fatica
- Torpori e formicolii
- Nausea
- Sensazione di asfissia o di soffocamento
- Derealizzazione
- Brividi o vampate di calore
Tra i sintomi più invalidanti c’è la perdita di controllo, la sensazione di non essere in grado di gestire il proprio corpo e sentirsi in balìa di forze estranee alla propria volontà. Questa condizione spinge chi ne è vittima a limitare al minimo le proprie interazioni sociali e ad evitare di frequentare posti affollati, nel tentativo di rimanere in una zona di comfort in cui si possa, in caso di necessità, gestire le crisi “in silenzio”, senza che nessuno se ne accorga. Sono sintomi che possono caratterizzare sia un attacco d’ansia che, nelle forme più intense, invasive e improvvise, un attacco di panico. Ci si ritrova così ad aver a che fare con un nemico invisibile che è sempre in agguato e lascia in un perenne stato di allarme.
Ma che differenza c’è tra un attacco di panico e un disturbo d’ansia?
Il disturbo d’ansia, condizione presente in molti disturbi psichici, è uno stato costante di apprensione e preoccupazione, che nel tempo può dilagare e assumere le sembianze di angoscia e paura. Queste si riversano sull’individuo attraverso una serie di sintomi fisici come battito accelerato, fiato corto, bocca asciutta, tremolio, senso di oppressione alla gola, sudorazione, nausea e mal di stomaco, fino ad arrivare ad avvertire sensazioni di svenimento o di vertigine. L’attacco di panico, invece, è una crisi d’angoscia estrema, sconvolgente, improvvisa, che comporta sintomi fisici e psichici propri dell’ansia al massimo dell’intensità, fino a provocare paura di morire, di impazzire, di perdere il controllo e causare svenimenti e perdita di coscienza. Di fatto un attacco di panico si può tradurre in paura di scomparire. Chi ne soffre ha la sensazione che qualcosa di tremendo stia per accadere ed è pervaso da un senso di solitudine legato al fatto che nessuno, intorno a lui, possa realmente capire quello che sta accadendo.
Quali sono le cause dell’attacco di panico?
Le cause possono essere molteplici:
periodi particolarmente stressanti, fattori ambientali, problematiche di natura organica o fattori psicologici profondi. Sembra esserci un nesso con le più importanti fasi di transizione della vita che aumentano inevitabilmente la quantità di stress e ansia, ed è per questo che i sintomi compaiono soprattutto durante l’adolescenza o durante le fasi di passaggio dell’età adulta, quelle catalogabili tra i “momenti critici dell’esistenza”.
Il disturbo può essere l’espressione di uno stato di malessere psicologico di cui il soggetto non è consapevole e il sintomo è la conseguenza di un pensiero che “non riesce ad essere pensato”.
Nel contesto giovanile gli attacchi sono associati a vari fattori, come la solitudine, le difficoltà comunicative, situazioni familiari critiche, difficoltà nell’approccio al mondo del lavoro, e possono essere amplificati dall’assunzione di sostanze come marijuana, cocaina o anfetamine. L’attacco di panico mette in crisi la solidità di una identità personale, raccontando la difficoltà dell’individuo nel riuscire a trovarne una propria. Quando vengono meno alcuni punti di riferimento, il rischio è quello di sentirsi disorientati, di non sapersi collocare e di conseguenza di non percepirsi visibili. È proprio questa la paura di scomparire, l’angoscia incontrollata che sfugge alla ragione ma che è sintomo di un terrore primitivo.
Come auto-gestire un attacco di panico?
Riconoscere i sintomi: aiuta a evitare di confondere l’attacco di panico con altre problematiche (un attacco cardiaco, la sensazione di “perdere la testa”, ad esempio) e spaventarsi inutilmente. È importante ricordare che quelle che si stanno vivendo sono solo sensazioni corporee dovute ad un “falso allarme” e che non sono pericolose ma passeranno.
- Esercizi di respirazione: fare profondi respiri, inspirare ed espirare lentamente aiuta a normalizzare il battito cardiaco e ridurre la sensazione di ansia.
- Distogliere la concentrazione: allontanare il pensiero dall‘attacco di panico in atto aiuta a sentirsi meglio. Alcune strategie possono essere lavarsi il viso, accarezzare l’animale da compagnia, fare movimento fisico, riordinare la stanza, leggere un libro o ascoltare musica.
Chiedere aiuto: iniziare un percorso di psicoterapia può essere un passo fondamentale per imparare a gestire e poi a risolvere il disturbo da attacchi di panico. Nei casi più estremi si può ricorrere anche ad un piccolo aiuto farmacologico, anche se è sempre consigliabile tenersi questa opzione per ultima.
Come comportarsi con chi ha un attacco di panico?
Un attacco di panico generalmente non dura più di 20-30 minuti. Per evitare di peggiorare o di incidere negativamente sulla sua intensità, è necessario che chiunque si trovi attorno al soggetto cooperi mantenendo la calma, senza aggiungere ulteriore preoccupazione che altrimenti rischierebbe di generare un “effetto domino“; le emozioni infatti sono contagiose. La ricerca spasmodica di un intervento medico non immediatamente disponibile potrebbe risultare dannosa. Anche recarsi al pronto soccorso, qualora si tratti di panico e non di infarto, non aiuta affatto. In ospedale è probabile infatti che il soggetto in questione, manifestando uno stato di agitazione dovuto al timore di avere una crisi cardiaca, venga immediatamente sottoposto a una serie di esami per escludere il pericolo di problemi al cuore, per poi ricevere un ansiolitico.
Tutto questo andrebbe a irrobustire nella vittima di attacco di panico una serie di credenze errate ma resistenti nella formazione esperienziale del soggetto che a questo punto si servirà di informazioni sbagliate come:
– “se anche i medici pensavano fosse un infarto, vuol dire che ero in pericolo”;
– “se ero da codice rosso, devo andare in ospedale quando ho questi sintomi”;
– “non sarò in grado di gestire da solo l’attacco di panico se non chiedo aiuto”;
– “per superare il panico ho bisogno degli ansiolitici”.
Insomma l’urgenza da parte di amici o familiari nel dover debellare al più presto il sintomo, può avere effetti devastanti su chi ne è vittima.
In fondo è proprio l’idea di essere soli contro tutto e tutti che deve essere combattuta e demitizzata. Il panico è un sentimento completamente rivolto verso sé stessi, che induce a sperimentare un’esperienza quasi autistica, un blocco interno che inevitabilmente porta ad escludere l’idea che qualcuno, all’esterno, possa essere in grado di capire il senso profondo di disagio e inadeguatezza in cui ci si trova. Si finisce così per isolarsi, nel tentativo di evitare qualsiasi situazione sociale, con l’idea che anch’essa possa essere una minacciosa traghettatrice di dolore. Come purtroppo la maggior parte dei problemi di natura psicologica, anche i disturbi di panico o di ansia rischiano di diventare un tabù, una condizione da mantenere segreta a tutti i costi, per non correre il rischio di passare per pazzi o malati di mente.
La realtà però è ben diversa. Questo tipo di disturbi colpisce ogni anno più dell’11% della popolazione. I ritmi frenetici di una società votata all’efficienza lavorativa, all’apparenza a tutti i costi e all’omologazione globale, sono lo specchio di una crisi di identità generale che coinvolge tutti. Oggi più che mai si può affrontare questo tema con una libertà maggiore e con la certezza di potersi confrontare e riuscire a parlarne apertamente. D’altra parte anche in passato sono stati tanti i tentativi di approfondire queste tematiche. La letteratura e la filmografia sono degli interessanti serbatoi da cui attingere, in cui trovare ispirazione e spunti critici per imparare a flirtare con sentimenti “normali” che troppo spesso sono considerati semplicemente tossici e alienanti.
A tal proposito consiglio la visione di alcuni film che trattano queste dinamiche e possono rivelarsi degli importanti spunti di crescita e riflessione.
Film Consigliati:
- Safe (1995)
- Il ladro di orchidee (2002)
- Io e Annie (1977)
- Il discorso del Re (2010)
- Parole, parole, parole (1997)
- Vertigo (1954)
- Wonderboys (2000)
- Hanna e le sue sorelle (1986)
- Marnie (1964)
- Scoprendo Forrester (2000)
Dott. SALICCO Giovanni
Psicologo – Psicoterapeuta