“C’è una forza motrice più forte del vapore, dell’elettricità e dell’energia atomica: la volontà“
Albert Einstein
L’arte di procrastinare
Quante volte ci siamo detti “domani comincio ad allenarmi, domani lo faccio” e poi puntualmente arrivava il fatidico domani e nulla cambia, qualsiasi scusa è buona per procrastinare, per rimandare: fa troppo caldo, fa troppo freddo, non mi sento granché, ci viene quell’improvvisa voglia di chiamare la zia che non sentiamo da dieci anni, dobbiamo spazzolare il gatto, i pianeti non si sono allineati, ecc. Quante scuse, quanti intoppi “accidentali” comparsi all’ultimo momento che ci fanno dire “mannaggia proprio ora che volevo iniziare”.
È tendenza umana quella di rimandare, di partire con tutti i migliori propositi per poi abbandonarli all’ultimo momento; ci lasciamo travolgere e guidare da qualsiasi stimolo interno o esterno ma quello che ci ostacola principalmente è la scarsa motivazione.
Ma che cos’è la motivazione?
Quest’ultima può essere definita come quella spinta pulsionale interna che ci porta ad impegnarci per raggiungere un obiettivo sfruttando tutti i mezzi a disposizione; se la motivazione è alta lo sarà anche l’impegno profuso e quindi la prestazione messa in atto.
Il rapporto che ognuno di noi ha con l’attività fisica è influenzato dalla componente motivazionale: la spinta iniziale spesso è data da aspetti definiti intrinseci, legati ai bisogni e ai desideri dell’atleta, quali il bisogno di sentirsi diversi, di cambiare aspetti di sé che non piacciono o che non soddisfano, per poi alimentare questa motivazione con aspetti estrinseci, ossia i benefici che oggettivamente riscontriamo dalla pratica anche in termini disoddisfazione per gli obiettivi raggiunti, riconoscimento esterno e relativo aumento dell’autostima, aumento del senso di gratificazione e di autoefficacia (inteso come fiducia nelle proprie capacità).
Quali sono i benefici di una buona motivazione?
Gli atleti con un’alta motivazione intrinseca guardano alla propria prestazione sia come ad un momento di pura gioia, di soddisfazione e godimento, una vera e propria scarica di adrenalina, sia come un momento per mettere alla prova le proprie abilità: questo atteggiamento produce degli effetti postivi anche sull’autostima, migliorando la percezione che l’atleta ha di sé e delle proprie capacità e aumentando così la motivazione stessa. L’effetto direttamente conseguente è l’attivazione di un circolo vizioso funzionale al benessere psico-fisico della persona.
Di contro, coloro i quali hanno un’alta motivazione estrinseca considerano la prestazione sportiva come un vero e proprio momento di confronto sociale, paragonando le proprie abilità, e soprattutto i risultati ottenuti, a quelli degli altri; in questo caso ciò che si innesca è un’eccessiva competizione data da un forte senso di frustrazione, come se non si fosse mai abbastanza bravi o competitivi o preparati. Il giudizio degli altri diventerà il termine di paragone per eccellenza: ogni imperfezione, ogni minino errore commesso, non verranno considerati come parti del gioco, come aspetti possibili da contemplare quando ci si sperimenta con nuove attività, ma come qualcosa di non tollerabile, come una macchia indelebile sull’immagine che l’atleta ha di sé. In queste circostanze però, più si cerca di combattere il senso di frustrazione più si rischia di esserne completamente sopraffatti, disperdendo le energie senza tuttavia riuscire ad attivarsi in modo funzionale ai propri obiettivi.
L’importanza della gratificazione
In realtà ciò che emerge fin qui è che aspetti interni ed esterni fanno parte di un unico continuum che si ripete: imparare a focalizzarsi su singoli obiettivi, via via sempre più complessi, aumenta l’impegno profuso nella ricerca di nuove strategie e, in generale, nel compito da portare a termine.
Queste strategie, unite al successo ottenuto e quindi al riconoscimento esterno, innalzano il senso di autoefficacia e di autostima che porterà la persona ad accrescere la motivazione, a porsi obiettivi sempre più complessi e quindi a riprendere il circuito impegno-gratificazione-maggiore motivazione. Sentirsi gratificati da ciò che si fa permette di affrontare le sfide quotidiane con una grinta maggiore, sentendosi sempre più capaci e in grado di far fronte alle difficoltà e superare i propri limiti.
Lavorare sulla motivazione
Ma si può realmente allenare a motivazione? Sicuramente è possibile agire su tutti quegli aspetti che costruiscono una giusta motivazione: è importante capire cosa spinge l’atleta a compiere quel tipo di esercizio/allenamento, quali sono gli obiettivi che si è preposto e i meccanismi individuati per raggiungerli. Lavorare sugli aspetti motivazionali che spingono e alimentano la pratica sportiva, può aiutare l’atleta ad elaborare programmi di allenamento specifici che migliorino la prestazione e garantiscano un incremento della gratificazione. In questo senso, il colloquio psicologico rappresenta un valido strumento d’intervento, utile per lavorare in maniera mirata sull’aumento di specifiche competenze utili, a loro volta, ad innalzare il senso di autoefficacia, l’autostima e la motivazione alla base della pratica sportiva e, in generale, dei comportamenti di vita quotidiana.
Tra le abilità che possono essere incrementate attraverso un percorso di terapia psicologica troviamo le capacità di problem solving, cioè di individuare strategie funzionali al raggiungimento dei propri obiettivi; il senso di autoefficacia, al fine di radicare in maniera solida la gratificazione per gli obiettivi raggiunti e spronare l’individuo a porne sempre di nuovi; le aspettative che ci si pone, sia in termini di gratificazione estrinseca che intrinseca, così come è altrettanto importante lavorare su ciò che blocca il soggetto nel suo percorso di crescita personale, come percepisce il giudizio altrui, il significato che attribuisce alle scelte fatte.
Dott.ssa GIOVANNANGELO Anna
Psicologa – Psicoterapeuta